Quant’è accessibile il mio sito web? Siamo sufficientemente accessibili per non rischiare? Queste sono tra le domande più frequenti che ci vengono poste a noi professionisti dell’accessibilità quando, in preda a requisiti normativi legati a dichiarazioni di accessibilità o (più raramente) a dubbi di coscienza, i committenti vogliono sapere lo stato di salute dei loro servizi (prettamente web e app mobili) in relazione al tema dell’accessibilità.
Parzialmente conforme?
L’obiettivo largamente diffuso nei committenti è arrivare a quel “parzialmente conforme” o “conforme al 51% dei requisiti” per sentirsi salvo da possibili ripercussioni.
Ma che significa parzialmente conforme? Diciamo innanzitutto che è un’invenzione della Commissione Europea che in ambito di armonizzazione delle normative in tema di accessibilità non si è sentita di richiedere una “conformità” dei siti web e delle app mobili, lasciando quindi un “cuscinetto” di “parziale conformità” che significa tutto e allo stesso tempo non significa nulla.
La definizione di “Parzialmente conforme”
Nella “decisione di esecuzione (UE) 2018/1523 della Commissione, dell’11 ottobre 2018, che istituisce un modello di dichiarazione di accessibilità conformemente alla direttiva (UE) 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici” la definizione di “parzialmente conforme” è contenuta nella nota “vi”:
IV. Parzialmente conforme.
Ciò significa che i siti o le applicazioni non sono ancora pienamente conformi e che devono essere adottate le misure necessarie per raggiungere la piena conformità.
Tradotto in linguaggio tecnico: il sito non è conforme e bisogna intervenire per risolvere le problematiche identificate nella dichiarazione di accessibilità. Non è quindi un salvagente, come molti pensano, ma una constatazione pubblica di non essere ancora totalmente a norma.
I livelli di conformità delle WCAG 2.1
L’accessibilità, relativamente alle WCAG 2.1 (così come per le versioni precedenti, ovvero dallo scorso millennio), prevede dei livelli di conformità che sono tra l’altro uno dei requisiti di conformità previsti dalle WCAG 2.1. Nello specifico:
Uno dei seguenti livelli di conformità è pienamente soddisfatto.
- Per la conformità al livello A (il livello minimo), la pagina Web soddisfa tutti i criteri di successo di livello A, oppure è fornita una versione alternativa conforme.
- Per la conformità al livello AA, la pagina Web soddisfa tutti i criteri di successo di livello A e quelli di livello AA, oppure ne è fornita una versione alternativa conforme al livello AA.
- […]
Nelle WCAG 2.1 quindi non si parla di parziale conformità, ma di conformità a tutti i criteri di successo per il livello selezionato che, per obbligo normativo, corrisponde al soddisfacimento di tutti i criteri di successo di livello “A” e “AA”, ossia 50 criteri di successo che – chiaramente – potrebbero non essere tutti applicabili per i contenuti della pagina web. Ad esempio, se non sono presenti contenuti multimediali, tutti i criteri di successo della linea guida 1.2 (ed altri che impattano indirettamente nei contenuti multimediali) potrebbero essere “non applicabili”.
Il “peso” degli errori di accessibilità
Lo dico subito per rispondere alla domanda senza obbligare chi va di fretta a leggere tutto il contenuto sottostante: nell’attuale modello delle WCAG, non è possibile dare alcun peso agli errori per il fatto che ogni criterio di successo impatta in modo diverso per specifiche capacità funzionali e non è nemmeno detto che un errore di conformità sia grave solamente perché corrisponde ad un criterio di successo particolare.
Le prestazioni funzionali e i criteri di successo
All’interno della norma tecnica UNI CEI EN 301549:2021 è presente un’appendice B, da molti non considerata, che è a mio avviso essenziale per capire l’impatto dei criteri di successo sulle caratteristiche funzionali degli utenti.
Il prospetto B.2 nell’appendice B illustra l’impatto che un problema specifico di accessibilità potrebbe avere su differenti utenti. Lo fa mappando i requisiti nella norma con le dichiarazioni di prestazione funzionale (punto 4 della norma tecnica). Un requisito può essere primario (P) o secondario (S).
I requisiti tecnici sono elencati in una colonna verticale e le dichiarazioni di prestazione funzionale in senso orizzontale.
Abbreviazione intestazione di colonna | Dichiarazione di prestazione funzionale |
---|---|
WV | Utilizzo senza vista |
LV | Utilizzo con vista limitata |
WPC | Utilizzo senza percezione del colore |
WH | Utilizzo senza udito |
LH | Utilizzo con udito limitato |
WVC | Utilizzo senza capacità vocali |
LMS | Utilizzo con manipolazione o forza limitata |
LR | Utilizzo con portata limitata |
PST | Ridurre al minimo le possibili crisi con epilessia fotosensibile |
LC | Utilizzo con cognizione limitata |
P | Privacy |
Il prospetto indica quali dichiarazioni sulle prestazioni funzionali e le esigenze degli utenti corrispondenti sono coperte da ciascun requisito.
Ad esempio, il “Criterio di successo 1.1.1 Contenuti non testuali” risulta essere primario per utilizzo senza vista, con vista limitata, senza udito, mentre è secondario per utilizzo con udito limitato, con cognizione limitata e per la privacy.
Il “peso” del criterio di successo
Se rimaniamo nell’esempio del criterio di successo 1.1.1 possiamo capire come il peso dell’errore non può essere legato al criterio di successo e che è influenzato in ogni caso dall’istanza dell’errore.
Poniamo quattro diversi casi. Potrebbero essere anche molti di più ma mi limito ad alcuni esempi proprio per far comprendere come sia impossibile dare un “peso” alla violazione dei criteri di successo.
Immagine decorativa senza testo alternativo
L’assenza di un testo alternativo in questo caso può allertare l’utente della presenza di un’immagine ma senza causare un blocco nella navigazione. Si può quindi definire un errore di conformità, ma facilmente risolvibile e/o aggirabile da parte degli utenti.
Immagine informativa con testo alternativo errato
Un testo alternativo errato può portare in errore l’utente, in particolare se parliamo di testo alternativo per immagini informative legate ad eventuali azioni (esempio: pulsante di aggiunta al carrello di un prodotto, con testo alternativo “aggiungi a prodotti desiderati”). Questa tipologia di errore, a seconda dell’ambito in cui incorre, può essere grave o molto grave.
Immagine informativa senza testo alternativo
L’assenza di un testo alternativo è sempre un errore, in quanto pone l’utente con tecnologia assistiva (nello specifico, persone non vedenti) nella difficoltà di dover immaginare cosa contiene l’immagine. Se tale immagine informativa ha una sua importanza , l’assenza del testo alternativo può essere particolarmente grave e causare anche problemi al destinatario (esempio: sito e-commerce in cui si informa della presenza di glutine nei prodotti).
Immagine informativa strutturale senza testo alternativo
L’errore ripetitivo come lo consideriamo? Anche in questo caso dipende dalla tipologia di errore. L’assenza del testo alternativo del logo dell’ente o dell’azienda può essere fastidioso, così come può esserlo maggiormente l’assenza del testo alternativo del numero verde dell’assistenza telefonica. Anche in questo caso, non si può dare un “peso” all’errore.
Errori e responsabilità
In conclusione, dopo aver visto che gli errori non possono avere un peso, che la parziale conformità non è un punto di arrivo ma un punto di partenza, cerchiamo di capire di chi è la colpa degli errori, e di conseguenza agire nei modi corretti per arrivare alla conformità richiesta dalla normativa.
Se andiamo a consultare l’elenco degli errori più frequenti identificati da AgID nel monitoraggio dei siti web e app mobili, noteremo che i criteri di successo con maggiori violazioni sono relativi a problemi strutturali. L’assenza di focus visibile, problemi di contrasto tra testo e sfondo non sono dovuti (se non in sparuti casi) a contenuti pubblicati nei siti ma alla loro struttura.
Ricordo che dall’8 agosto 2005 (non da ieri) per le PA l’art. 4 comma 2 della legge 9 gennaio 2004, n. 4, prevede – pena nullità – di inserire l’obbligo contrattuale di rispettare gli obblighi di accessibilità. Pertanto, se un fornitore, nel 2022, commette ancora questi errori sta di fatto fornendo un prodotto non conforme e l’amministrazione (o l’azienda) che identifica delle mancate conformità può legalmente richiedere l’adeguamento del prodotto senza ulteriori oneri perché, come già detto, si tratta di un difetto di conformità. Ciò è stato esteso come obbligo contrattuale anche per i soggetti con fatturato superiore ai 500 milioni di euro di media nell’ultimo triennio che devono applicare ciò per i nuovi contratti (adeguando poi gli esistenti) a partire dal 3 maggio 2022.
Questo non leva però le responsabilità nella creazione di contenuti e informazioni accessibili da parte di amministrazioni pubbliche ed aziende, contenuti di cui hanno la totale responsabilità e per i quali necessitano di formare adeguatamente il personale. Una dichiarazione di accessibilità che contiene, ad esempio, “alcuni PDF non sono conformi” deve porre l’utente nella situazione di valutare se tali PDF possono essere resi conformi oppure se rientrano nei casi di esclusione dell’applicazione della normativa.
Infine, gli strumenti che danno percentuali di conformità si basano chiaramente su strumenti informatici che non hanno (e non potranno avere mai) capacità di valutazione soggettiva della tipologia di errore. Il numero magico che quindi producono non è altro che una serie di valutazioni soggettive di applicazione e di “peso” dei requisiti, che non prevedono però alcuna correlazione reale con il concetto di “conformità” delle WCAG.
L’accessibilità è quindi una “co-lavorazione” di tutti, con specifiche responsabilità.