Il CCETT (Centre Commun d’Études de Télédiffusion et de Télécommunication) definisce la multimedialità un sistema o servizio che integra immagine, testo e audio, gestiti in maniera ottimale e che necessita di un numero minimo di funzioni di manipolazione.
Una definizione di multimedia per il Web si trova nelle UAAG, User Agent accessibility Guidelines:
UAAG 10 June 2000 version:
“Multimedia Presentation”
“For the purposes of this document, a multimedia presentation is a presentation that synchronizes both auditory and visual information. This includes, for example, any movie that has sound as well as animations that present audio. A multimedia presentation has a visual track and an auditory track.”
Eric G. Hansen ha precisato che le presentazioni soltanto sonore non sembrano sposare il concetto di multimedia; le presentazioni soltanto visive rientrano invece in tale definizione, in quanto basate su immagini. Un’immagine ferma non è però sufficiente; ma se essa viene accompagnata dal suono allora pare adattarsi al concetto di multimedialità, poiché impiega “figure digitali e suono digitale”. La sua opinione ci porta a definire quale “vera applicazione multimediale” solo quella dotata di immagini in movimento e audio.
Nel glossario della bozza delle WCAG 2.0 il Multimedia è così definito:
“Audio or video synchronized with another type of media and/or with time-based interactive elements.“
Video è così definito:
“The technology of moving pictures or images. Video can be made up of animated or photographic images, or both.”
http://www.w3.org/WAI/GL/WCAG20/appendixA.html#multimediadef
Solo pochi anni addietro multimedialità indicava in modo generico la compresenza e l’interazione di diversi linguaggi all’interno di una tecnologia di comunicazione, in opposizione a “monomediale”.
La fusione col concetto di ipertestualità ha portato all’ipermedialità.
Per Negroponte la multimedialità è fatta di “ricchezza audiovisiva, profondità conoscitiva e informativa, interattività”.
Secondo Roberto Maragliano, un prodotto multimediale dovrebbe essere: “ricco, profondo e mobile, avvincente come un film, sistematico come un libro e interattivo come un videogioco”.
Per quale motivo il termine non è stato coniato con l’avvento del cinematografo o della televisione? Cosa manca loro per essere definiti multimediali in senso tecnico?
Per parecchi anni, il videodisco fu l’unica risorsa di segmenti di immagini in movimento, alla quale si poteva accedere rapidamente per ottenere un’effettiva interattività. In seguito, il termine impiegato per indicare tali applicazioni fu quello di “videodisco interattivo”, comunemente indicato come IVD. Recentemente, la tecnologia digitale ha permesso l’uso di altri dispositivi, in particolare i piccoli dischi digitali chiamati “CD-ROM“. Un altro fattore è stato lo sviluppo di applicazioni basate su immagini costituite da figure grafiche e suono digitale, e nessuna immagine in movimento. Il termine multimedia è stato adattato in modo generico a tali applicazioni.
Una presentazione multimediale ha la duplice funzione di strumento e di partner dialogico, cui si presta la macchina ed il processo mediatico e democratico dell’apprendimento e insegnamento basati sull’iconografia.
La multimedialità non nasce assieme al cinema e alla televisione, questi erano ritenuti strumenti di svago. Non era stata loro attribuita una funzione didattica in senso lato e, pertanto, interattiva in senso stretto.
Il termine “multimedialità” è inoltre il frutto di una necessità manifestata da un immaginario collettivo globale e filo-iconico, cresciuto in senso sociale e tecnologico, ed evolutosi principalmente sui concetti dell’informazione e dell’informatica, strumenti culturali per eccellenza.
[Alessia M. Michela Giurdanella, http://www.dirittoproarte.com/nuovetecno/multimedia.htm]
Graziella Tonfoni, docente di Linguistica Computazionale e di Elaborazione dei Testi Letterari preso l’Università degli Studi di Bologna, definisce la multimedialità come un insieme di processi cognitivi mediati, fondato su una specie di democrazia che consta nell’integrazione dei “vari modi di fare le cose”, parallelamente ad una molteplice offerta di itinerari possibili.
Da La multimedialità che passa attraverso la carta http://www.comune.bo.it/iperbole/boll900/tonfoni.htm
[…] ho inteso procedere all’integrazione dei codici visivo e linguistico nella scrittura attraverso la progettazione accurata di “un nuovo codice”, che assume caratteristiche semiotiche peculiari, in cui il messaggio iconico si integra come “struttura di supporto” dell’organizzazione lineare del testo. È fondamentale, nella cosiddetta era della multimedialità, favorire e promuovere atteggiamenti di “multimedialità attiva”, cioè di conoscenza dei codici e dei canali di comunicazione. In altre parole, chi vive la multimedialità, lo scrittore in prima istanza, deve essere capace di rapportarvisi conoscendone a fondo le valenze sapendola quindi vivere da protagonista. In questo modo si accrescono le possibilità di contatto dell’individuo con il proprio ambiente, dello scrittore con i nuovi spazi e tempi della scrittura.
Senza avere accuratamente progettato e costruito una sensibilità multimediale di scrittura si potrebbe rischiare di interpretare o di far interpretare la multimedialità come una semplice giustapposizione di codici che riduce e standardizza di fatto l’intervento personale e autonomo da parte del lettore, per cui già tutto sarebbe predisposto, incluse alcune variazioni possibili di percorso. Ma questo sarebbe davvero riduttivo.
L’obiettivo è piuttosto quello di far percepire in tutte le caleidoscopiche dimensioni la differenza fra i vari codici e canali così come l’artigiano che modella la creta deve conoscerne tutte le proprietà per riuscire ad esprimersi completamente attraverso e nonostante. Solo attraverso un recupero di tali componenti, sarà possibile oltrepassare i limiti della carta per creare quelle possibilità di sfondamento semantico che portarono la tenacia del Correggio e del Tiepolo a “sfondare” i limiti delle pareti di chiese e palazzi per riprodurre il cielo, senza però mai compromettere la solidità delle pareti e delle strutture architettoniche stesse, che le avevano rese possibili.
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