I diritti violati

La carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, all’art. 11 recita “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.”.

Eppure, dopo un controllo dei maggiori portali italiani di informazione, mediante un’analisi secondo il metodo dell’esperienza utente, appare evidente come questo sia un diritto solo per alcuni fortunati cittadini.

I test di accessibilità hanno rilevato come siano molto diffuse diverse tipologie di barriere digitali:

  • la pessima abitudine di non assegnare alle immagini un testo alternativo corretto;
  • l’errato posizionamento a fondo pagina del banner della cookie policy
  • l’utilizzo di colori poco leggibili con tonalità scarsamente contrastanti;
  • l’uso di link generici come “Scopri” o “clicca qui” che non sono di immediata comprensione per taluni utenti;
  • la mancanza della corretta etichettatura dei pulsanti: un utente che utilizza il lettore di schermo invece di sentire “Cerca” (come si vede a video), sentirà “01 pulsante non etichettato”;
  • la presenza di link vuoti, spesso quelli dei collegamenti ai social network o di condivisione dell’articolo.

Dopo il danno, la beffa!

Da anni ormai il business model delle aziende che fanno informazione si basa sul convincere il cliente lettore alla sottoscrizione dell’abbonamento per poter fruire di tutti i contenuti online.

Ora la domanda sorge spontanea: perché un lettore con disabilità dovrebbe pagare per non poter usufruire del servizio alla pari di tutti gli altri abbonati? Perché acquistare un prodotto di così scarsa qualità?

Conclusioni

Il livello di accessibilità dei portali di informazione è sicuramente molto migliorabile e per farlo basterebbe davvero poco, basterebbe applicare le linee guida per la realizzazione di contenuti web accessibili.

Ciò che lascia tanta amarezza è il contesto di riferimento, ovvero sarebbe lecito aspettarsi che nel settore che è alla costante ricerca di raccontare la verità, l’attualità e la cronaca, si rivela fautore di pratiche discriminatorie e ciò, francamente, nel 2021 non ci sembra più tollerabile.