Non è semplice stabilire quanti siano i disabili in Italia. Il problema è legato a diversi fattori. Innanzi tutto quello di “disabilità” è un concetto non universale. Molto spesso la sua definizione è legata al ricercatore o al tipo di ricerca che si sta effettuando. In molti casi, inoltre, si usano in maniera imprecisa, o si confondono tra di loro, i termini “invalido”, “handicappato”, “disabile” o “inabile”.
In questo testo si è deciso di seguire le indicazioni adottate dall’ISTAT che a sua volta, fa esplicito riferimento alle definizioni di “menomazione”, “disabilità” ed “handicap” illustrate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il termine “disabilità”, per esempio, si riferisce alla capacità della persona di espletare autonomamente (anche se con ausili) le attività fondamentali della vita quotidiana e si riconduce alla legge 104 del 1992. Il termine “invalidità”, invece, rimanda al diritto di percepire un beneficio economico in conseguenza di un danno biologico indipendentemente dalla valutazione complessiva di autosufficienza, e fa riferimento alla legge 118 del 1971.
Ma, per fare chiarezza sui termini che saranno adottati, è utile esaminare i due documenti stilati dall’OMS.

 

Le specifiche dell’OMS
L’ISTAT adotta la definizione di disabilità proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità e Handicap” (1980)(18). Il punto focale di questa classificazione è la sequenza di definizioni che porta dalla menomazione all’handicap: la menomazione è il danno biologico che una persona riporta a seguito di una malattia (congenita o meno) o di un incidente; la disabilità è l’incapacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana a seguito della menomazione; l’handicap è lo svantaggio sociale che deriva dall’avere una disabilità. Così, ad esempio, una persona su sedia a rotelle è sicuramente disabile, ma potrebbe potenzialmente non essere handicappata se venissero eliminate tutte le barriere architettoniche, cosicché non le verrebbe precluso l’accesso a nessun settore della vita sociale. È evidente che, in tale accezione, si può contare il numero di disabili, ma non di handicappati; la condizione di handicap è prettamente soggettiva e dipende dalle aspettative di vita e dalle esigenze della persona disabile.

 

Il primo documento dell’OMS (ICIDH)
Nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicò un primo documento dal titolo International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH). Nel testo veniva fatta l’importante distinzione fra “menomazione” (impairment), intesa come “perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica”, e gli altri due termini. Questi venivano rispettivamente definiti: “disabilità ” (disability) come “qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano ” e “handicap” come la “condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali”. La lista dei principali raggruppamenti nella definizione di ciascuno dei tre termini, riportata di seguito, può meglio aiutare a capire la distinzione.

Menomazioni:
menomazioni della capacità intellettiva;
altre menomazioni psicologiche;
menomazioni del linguaggio e della parola;
menomazioni auricolari;
menomazioni oculari;
menomazioni viscerali;
menomazioni scheletriche;
menomazioni deturpanti;
menomazioni generalizzate, sensoriali e di altro tipo.

Disabilità:
disabilità nel comportamento;
disabilità nella comunicazione;
disabilità nella cura della propria persona;
disabilità locomotorie;
disabilità dovute all’assetto corporeo;
disabilità nella destrezza;
disabilità circostanziali;
disabilità in particolari attività;
altre restrizioni all’attività.

Handicap:
handicap nell’orientamento;
handicap nell’indipendenza fisica;
handicap nella mobilità;
handicap occupazionali;
handicap nell’integrazione sociale;
handicap nell’autosufficienza economica;
altri handicap.

Volendo fare un esempio, in base alla definizioni che sono state specificate sopra, un non vedente è una persona che soffre di una menomazione oculare che gli procura disabilità nella comunicazione e nella locomozione e comporta handicap, ad esempio, nella mobilità e nella occupazione. Questo esempio è utile per capire come un unico tipo di menomazione può dar luogo a più tipi di disabilità e implicare diversi handicap.
Analogamente un certo tipo di handicap può essere collegato a diverse disabilità che a loro volta possono derivare da più tipi di menomazione. Mentre per un individuo la menomazione ha carattere permanente, la disabilità dipende dalla attività che egli deve esercitare e l’handicap esprime lo svantaggio che ha nei riguardi di altri individui (i cosiddetti normodotati). Un paraplegico avrà certamente un handicap quando si tratti di giocare al calcio, ma potrebbe non averne nessuno nell’uso di un personal computer.

 

Il nuovo documento dell’OMS (ICF)
L’aspetto significativo del primo documento pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è stato quello di associare lo stato di un individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a livello individuale o di partecipazione nella vita sociale.
Il secondo documento ha per titolo International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) (19). Il titolo è indicativo di un cambiamento sostanziale poiché sottolinea un’unificazione nelle forme di descrizione dello stato di una persona. Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di “salute”.
Come si può vedere dalle tabelle di seguito riportate (non è ancora disponibile la traduzione ufficiale in italiano del documento dell’OMS) il nuovo documento sostituisce i vecchi “impairment”, “disability” e “handicap”, che indicano una mancanza per raggiungere il pieno “funzionamento”, con una differente terminologia.

Funzioni corporee:
funzioni mentali;
funzioni sensoriali e dolore;
funzioni della voce e dell’eloquio ;
funzioni del sistema cardiovascolare, ematologico, immunologico e respiratorio;
funzioni del sistema digestivo, metabolico ed endocrino;
funzioni genitourinarie e riproduttive;
funzioni neuromuscoloscheletriche e collegate al movimento;
funzioni cutanee e delle strutture associate.

Strutture corporee:
strutture del sistema nervoso;
occhio, orecchio e strutture collegate;
strutture collegate alla voce e all’eloquio;
strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e respiratorio;
strutture collegate al sistema digestivo, metabolico ed endocrino;
strutture collegate al sistema genitourinario e riproduttivo;
strutture collegate al movimento;
cute e strutture collegate.

Attività e partecipazione:
apprendimento e applicazione della conoscenza;
compiti e richieste di carattere generale;
comunicazione;
mobilità;
cura della propria persona;
vita domestica;
interazioni e relazioni interpersonali;
principali aree della vita;
vita di comunità, sociale e civica.

Fattori ambientali:

prodotti e tecnologia;
ambiente naturale e cambiamenti apportati dall’uomo all’ambiente;
supporto e relazioni;
atteggiamenti;
servizi, sistemi e politiche.

Le “funzioni corporee” sono le funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche. Le “strutture corporee” sono parti anatomiche del corpo come organi, arti e loro componenti. “Attività ” è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. “Partecipazione” è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita. I “fattori ambientali” sono caratteristiche – del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti –, che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. La classificazione sopra riportata si ferma ai primi livelli, ma nel documento OMS si arriva a livelli superiori di dettaglio, estendendo le classificazioni di cui sopra in ulteriori sottoclassificazioni. Ad ogni livello di classificazione è associata una sigla.
Così, ad esempio, la classificazione “b11420” viene inserita nella seguente gerarchia di livelli:

Strutture corporee;
b1 Funzioni mentali;
b11 Funzioni mentali globali;
b114 Funzioni dell’orientamento;
b1142 Orientamento alla persona;
b11420 Orientamento a se stessi.

Ad essa è associata la definizione “funzioni mentali”, che producono la consapevolezza della propria identità. Il documento ICF copre tutti gli aspetti della salute umana, raggruppandoli nel dominio della salute (health domain, che comprende il vedere, udire, camminare, imparare e ricordare) e in quelli “collegati” alla salute (health-related domains, che includono mobilità, istruzione, partecipazione alla vita sociale e simili).
È importante sgombrare subito il campo da un equivoco: ICF non riguarda solo le persone con disabilità, ma riguarda tutte le persone; ICF ha dunque un uso e un valore universale. Rispetto a ciascuna delle centinaia di voci classificate, a ciascun individuo può essere associato uno o più qualificatori che descrivono il suo “funzionamento”.
Per le funzioni e strutture del corpo il qualificatore può assumere i valori:

Tabella con valori di menomazione
 0-4%  0  Nessuna menomazione
 5-24%  1  Lieve menomazione
 25-49%  2  Moderata menomazione
 50-95%  3  Grave menomazione
 96-100%  4  Totale menomazione

Analoghi qualificatori esistono per le attività, per le quali si parla di restrizioni, e per la partecipazione, per la quale si possono avere limitazioni. Infine sui fattori ambientali si hanno delle barriere. La classificazione “positiva”, che parte dal funzionamento per dire se e quanto ciascuno se ne discosta, ha il vantaggio rispetto alla classificazione ICIDH di non aver l’obbligo di dover specificare le cause di una menomazione o disabilità, ma solo di indicarne gli effetti. È da notare poi il fatto che il termine “handicap” è stato abbandonato e che il termine disabilità è stato esteso fino a ricoprire sia la restrizione di attività che la limitazione di partecipazione.

Annotazioni