Quando parliamo di accessibilità, sia nel settore pubblico che nel settore privato, ci rendiamo conto sempre più spesso che c’è una forte carenza di competenze specifiche, a tutti i livelli.
Acquistare un prodotto accessibile significa garantire che lo stesso sia utilizzabile da tutti, direttamente o con l’aggiunta di tecnologie assistive, indipendentemente dalle disabilità a cui è soggetto l’utilizzatore. Questo principio di buon senso tra l’altro è un obbligo normativo sia per le pubbliche amministrazioni che per le aziende con fatturato superiore a 500 milioni di euro su media triennale, nonché potenzialmente a qualsiasi soggetto grazie all’applicabilità della legge 67/2006, che ha lo scopo di rimuovere le discriminazioni ad ogni livello ed in ogni settore tramite aazione giudiziaria.
Le competenze nella valutazione dei prodotti
Partiamo dai fondamentali: come possiamo essere sicuri di comprare un prodotto accessibile?
Ad oggi questa sicurezza non esiste, per una serie di motivi tra cui uno: il fornitore si impegna per contratto a fornire un prodotto conforme alle normative in materia di accessibilità (ricordo che in ambito web e app mobile se il contratto non lo prevede, è un contratto nullo) ma sta poi al committente valutare il prodotto.
In molti casi l’amministrazione non ha figure idonee alla valutazione della conformità per cui si appoggia spesso ad una dichiarazione post-fornitura del fornitore stesso.
Perché quindi i fornitori non rendono disponibile pubblicamente e volontariamente una dichiarazione di accessibilità dei propri prodotti prima dell’acquisto come fanno nel mercato americano con il VPAT?
Un esempio: VPAT
Nel mercato americano esiste da anni il modello volontario di accessibilità del prodotto (VPAT™), ovvero un documento che spiega come i prodotti della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT) come software, hardware, contenuti elettronici e documentazione di supporto soddisfano (sono conformi) agli standard di l’accessibilità IT.
I VPAT sono utili in quanto aiutano i funzionari pubblici nella contrattualizzazione per l’acquisto dei prodotti ICT durante le ricerche di mercato e la valutazione delle proposte.
VPAT e mercato europeo
Premesso che tutti i player del mercato americano hanno dichiarazioni VPAT per i loro prodotti, per il mercato europeo dobbiamo ricordare che esiste come riferimento la norma tecnica EN 301 549.
L’Information Technology Industry Council (ITI) ha prodotto una versione adattata del VPAT per l’uso con la norma tecnica EN 301 549.
Il modello richiama quindi i capitoli della norma EN 301 549 facendo dichiarare la conformità ai singoli punti della norma stessa ai produttori di soluzioni ICT, rendendo quindi visibile e trasparente la conformità.
E in Italia?
Nel nostro paese al momento non abbiamo alcun modello specifico e nessuna richiesta specifica ai fornitori di dichiarare preventivamente e/o in fase di consegna una conformità dei prodotti, se non la clausola di obbligo contrattuale.
Va detto che nelle linee guida per l’accessibilità degli strumenti informatici, all’allegato 2, è presente un modello di autovalutazione che le PA utilizzano per l’autovalutazione dei prodotti e che potrebbe essere un punto di partenza.
Sarebbe interessante produrre un modello VPAT simile a quello prodotto da ITI per il mercato nazionale, in lingua italiana, specifico per i produttori di tecnologie ICT (comprese quindi le soluzioni web-based e le app mobili), da rendere magari obbligatorio per l’inserimento dei prodotti a catalogo negli ambienti di procurement delle PA. Solo n questo modo a mio avviso potremmo garantire un innalzamento della qualità dei prodotti a catalogo per le PA e per le aziende, ovvero una presenza di prodotti accessibili tra cui i committenti possano scegliere quello più adeguato alle loro esigenze, ma sempre con garanzia di non discriminazione.