Le componenti della conoscenza

La nascita di un qualsiasi prodotto o manufatto, ma anche l’erogazione di un qualsiasi servizio, hanno – generalmente – alle spalle un qualche tipo di “conoscenza“, grazie alla quale si riesce a dar vita all'”oggetto” in questione.

Forse è banale ricordarlo e metterlo in evidenza, ma spesso le ovvietà vengono date un po’ troppo per scontate, col risultato che in molti casi si tende a tralasciarle completamente. E allora non è affatto inutile porre l’accento sulle diverse tipologie di “saperi” che concorrono alla nascita ed alla concreta spendibilità della conoscenza, nel senso più ampio del termine. Saperi che dovrebbero coesistere ed integrarsi anche nell’ambito del ciclo di vita di una qualsiasi applicazione Web che, oramai ci pare quasi inutile ribadirlo, non dovrebbe mai essere pensata ed implementata “non accessibile”.

In ambito economico – ma anche giornalistico – si parla spesso delle 5 o delle 6 W (Why, Who, Where, When, What e hoW) viste come fattori propulsivi e condizioni basilari (ciascuna di esse necessaria ma non sufficiente) per la crescita di un’azienda, la realizzazione di un progetto o la redazione di un articolo; in questa sede vorrei limitare la mia riflessione sulla W che più delle altre viene fatta coincidere con il concetto di conoscenza (know-how), ma soprattutto sulla W maggiormente trascurata a livello progettuale ed implementativo, e svilita a semplice condizione a contorno (know-why), se non del tutto ignorata.

Il Know-how

Il Know-how relativo ad una qualsiasi attività raggruppa concettualmente l’insieme delle conoscenze e delle abilità indispensabili alla sua realizzazione, e quindi comprende aspetti scientifici, tecnologici, procedurali, normativi… chi più ne ha, più ne metta! In buona sostanza si ritiene che il possesso del know-how permetta di creare un prodotto o di erogare un servizio, e la cosa appare ragionevole visto che – per esempio – per costruire un edificio bisogna sapere per bene come si fa!

Per il Web il ragionamento non è dissimile: per creare un sito o un’applicazione Web bisogna avere un bagaglio di conoscenze tecniche e procedurali in grado di supportare ogni fase della realizzazione, partendo dalla progettazione fino all’implementazione ed alla manutenzione. Se poi aggiungiamo anche la necessità di garantire l’accesso a tutti gli utenti, ecco che si inizia a parlare di specifiche da conoscere ed applicare, linee guida da seguire o anche di normative da rispettare. L’insieme di tutto questo è quindi riassumibile nel concetto di know-how.

Ma forse manca qualcosa, forse “sapere come si fa” – se pur necessario – non è sufficiente a garantire che il prodotto materiale o il servizio sia effettivamente utilizzabile con profitto e soddisfazione, e spesso per spiegare meglio questo concetto utilizzo un paragone di carattere “edilizio”.

Le vele

Credo che tutti conosciate le cosiddette “vele di Scampia“, quei palazzoni a forma trapezoidale che ricordano delle vele spiegate al vento, che sono diventate il simbolo del degrado urbano che effettivamente affligge la periferia di Napoli. Si tratta di un progetto che a suo tempo fece molto parlare e che intendeva porsi come il punto di partenza di una mai realizzata riqualificazione di un quartiere (Secondigliano) decisamente difficile, e che ha visto coinvolti fior di architetti e di urbanisti; peccato che, invece che trainare il resto del quartiere verso un migliore livello di vivibilità, sia diventato esso stesso l’istantanea del fallimento di un approccio evidentemente deficitario.

Quasi nessuno però conosce le vele di Villeneuve-Loubet, un ridente paesino della costa azzurra che condivide con Secondigliano gli stessi edifici, le stesse vele, che però in questo caso si impongono all’attenzione come residenze di lusso con vista panoramica sul mare e che possono tranquillamente essere viste come uno status symbol, in pieno contrasto con le vele di Scampia.

Ma qual’è la differenza tra due manufatti identici che però hanno finito col rappresentare idee e situazioni diametralmente opposte? Come può lo stesso edificio simboleggiare al tempo stesso degrado e lusso? Vi è stata forse carenza di know-how? Evidentemente no! Le vele di Scampia sono costruzioni strutturalmente assai solide, forse qualcuno ricorda il vano tentativo di raderle al suolo con l’esplosivo in diretta TV, e dal punto di vista ingegneristico poco hanno da invidiare alle vele di Villeneuve-Loubet. E’ chiaro che la differenza sta nel contesto e nelle aspettative di chi ha poi utilizzato i due edifici: da una parte un quartiere dormitorio, già prima delle vele tristemente famoso per il suo degrado, nelle quali le nuove costruzioni – da sole e senza alcun altro supporto urbanistico – altro non hanno fatto se non diventare parte integrante del degrado; dall’altra la Costa Azzurra, da sempre meta di vacanzieri facoltosi, per cui le vele son diventate una delle tante attrazioni per una “clientela” di livello molto elevato.

A Scampia l’eccellenza costruttiva ed il know-how nulla hanno potuto, limitati dalla miopia di chi non ha pensato alle vere esigenze dei cittadini del quartiere e alla costruzione di servizi a supporto della vita di tutti i giorni, col risultato che un edificio ben fatto è stato visto e vissuto come tutti gli altri edifici del quartiere, e cioè come un “brutto posto” dove stare. Il modello, l’idea dei costruttori mal si è sposato con le concrete necessità di chi ha fatto di quel palazzone la propria abitazione.

Il Know-why

Ecco quindi cos’è il know-why: l’insieme di informazioni e situazioni contestuali, di condizioni di partenza, di aspettative ed esigenze dei fruitori. Senza il know-why nessun progetto (edilizio, Web o di qualsiasi altro genere) è destinato ad avere successo, visto che non tenendo nella dovuta considerazione tutto questo patrimonio di conoscenza si finisce col creare oggetti e servizi magari eccellenti dal punto di vista tecnologico, costruttivo e realizzativo, ma del tutto privi dell’indispensabile collegamento con i suoi destinatari, quindi poco utilizzabili.

Applicando questo discorso all’accessibilità del Web, se il know-how è definibile come l’insieme dei linguaggi, dei protocolli, delle specifiche standard, degli strumenti di authoring e delle metodologie progettuali ed implementative che permettono la nascita di siti Web a regola d’arte, il know-why è di certo rappresentato dalla conoscenza degli utenti finali e degli strumenti che essi utilizzano, oltre che dalla piena condivisione delle loro oggettive e legittime aspettative e necessità. Ma non solo: secondo me in questo bagaglio rientrano anche la voglia di mettersi al servizio degli utenti e lo sforzo di adattare continuamente la propria professionalità e sensibilità personale.

Insomma, una serie di fattori importanti come e forse anche più del know-how, visto che è relativamente facile acquisire le conoscenze tecniche, ma è molto difficile cambiare mentalità ed abitudini consolidate, soprattutto se privi delle adeguate motivazioni.

Un approccio costruttivo

IWA Italy da sempre si batte per:

  • Prendere parte ai consessi nazionali ed internazionali in cui nascono le specifiche tecniche, le raccomandazioni e le normative
  • Spingere i propri associati al continuo aggiornamento professionale
  • Far conoscere esigenze ed aspettative degli utenti del Web

In quest’ottica sono stati recentemente pubblicati dei nuovi percorsi formativi dedicati alle Pubbliche Amministrazioni italiane, IEAS 2.0, dedicati all’accessibilità del Web, ed articolati in moduli “componibili”; il primo di questi moduli – Il Web e i suoi utenti – sta registrando un grande successo e si pone come scopo proprio quello di rafforzare il know-why di progettisti, sviluppatori e redattori, affrontando argomenti quali le diverse tipologie di utenti e le loro esigenze specifiche, l’usabilità e l’accessibilità, le best practices ed alcune soluzioni operative; si tratta, è evidente, argomenti molto più “motivazionali” che tecnici, in grado però di dare la giusta spinta verso la piena comprensione delle problematiche che ogni giorno migliaia e migliaia di utenti si trovano a dover affrontare.

Ecco che forse, con il giusto know-why, anche il rispetto di raccomandazioni e normative non verrà più visto come una mannaia pronta a colpire senza una ragione la testa di chi ha sempre utilizzato solo strumenti visuali, ma piuttosto come una guida in grado di supportare la creazione di un Web per tutti i cittadini.