Durante le tre fasi “umane” descritte in precedenza, ed in generale durante un qualsiasi processo di apprendimento, l’utente apprende il funzionamento dell’applicazione che si trova dinnanzi, e la sua comprensione passa attraverso la creazione delle cosiddette mappe cognitive: si tratta di una sorta di “cartine mentali” nelle quali risiedono le esperienze e le conoscenze di ciascuno di noi, in riferimento agli oggetti che utilizziamo tutti i giorni, o alle attività che solitamente compiamo.

Una mappa cognitiva consiste di una serie di “oggetti culturali” che dapprima nascono come isolati gli uni dagli altri, e che poi vengono uniti da un numero crescente di connessioni, ciascuna delle quali rappresenta la relazione logica esistente tra le varie “isole”. Quando una mappa cognitiva è completamente strutturata, essa risulta quindi come un insieme di macchie fortemente interconnesse tra loro, ed è in grado così di rappresentare compiutamente un oggetto ed il suo funzionamento.

In generale, l’interfaccia utente di tipo grafico, largamente in uso oggi dopo aver soppiantato quella a caratteri, non richiede all’utente di ricordare lunghi comandi alfanumerici, ma presenta menu ordinati e richiami visuali, fornendo una rappresentazione visiva globale delle sue funzionalità che facilità e rende piacevole il suo utilizzo, anche perché generalmente tende ad utilizzare di meno la funzione mnemonica a lungo termine. Quindi, almeno in linea di principio, l’adozione di un’interfaccia di tipo grafico dovrebbe favorire una semplificazione del rapporto uomo-computer, ed in effetti di solito questo vantaggio è tangibile, ma è di fatto circoscritto a tutti gli utenti in grado di compiere pienamente i tre step tipici dell’uomo che interagisce col computer: sensazione, cognizione ed azione.