L’ergonomia, detta anche Human Factor Engineering, è una disciplina nata in Gran Bretagna nel 1949. Fu proposta inizialmente dallo psicologo H.F.H. Murrell, come approccio progettuale che coinvolgeva studiosi di varie discipline (psicologi, fisiologi, ingegneri, medici e antropologi) al fine di tutelare la sicurezza e la salute e di promuovere il benessere delle persone sul lavoro.
Visti i risultati positivi ottenuti, la collaborazione tra le diverse discipline proseguì anche dopo il termine della guerra e si estese al settore industriale (la moderna ergonomia ha sviluppato il raggio d’azione a tutte le situazioni di vita quotidiana).
Nel 1949 Murrell utilizzò per la prima volta il termine “Ergonomia“, che deriva dal greco “ergon” (lavoro) e “nomos” (legge), e fondò la prima società nazionale di ergonomia. Nel 1961 furono create l’Associazione Internazionale di Ergonomia (I.E.A., International Ergonomics Association) e la S.I.E. (Società Italiana di Ergonomia).
L’I.E.A. ha approvata questa definizione: “L’Ergonomia (o Fattori Umani) è la disciplina scientifica interessata alla comprensione dell’interazione tra gli elementi di un sistema (umani e d’altro tipo) e la funzione per cui viene progettato (nonché la teoria, i principi, i dati e i metodi che vengono applicati nella progettazione). Ciò allo scopo di ottimizzare la soddisfazione dell’utente e l’insieme delle prestazioni del sistema“.
E’ chiaro quindi, quanto sia rilevante il ruolo del fattore umano nell’interazione e quanto sia importante il mantenimento del suo benessere. Ma non è sempre stato così, per lo meno non come scopo primario, difatti l’ergonomia moderna è giunta a questo punto attraversando varie fasi e coinvolgendo un numero sempre maggiore di aree di studio.
Fino ai primi anni ’50, il lavoratore era concepito come un fornitore di prestazioni, ciò che importava principalmente era il suo rendimento, soprattutto in ambienti di lavoro ad alto rischio.
L’ergonomia aveva lo scopo di tutelare l’uomo, migliorarne la salute, la sicurezza e la produttività delle aziende. Ma questo non si concretizzava nella progettazione di macchinari utilizzabili da chiunque, che garantissero la sicurezza e la salute dei lavoratori. Al contrario veniva chiesto a chi si occupava della selezione del personale, di individuare le persone adatte a svolgere un determinato compito e ad utilizzare con profitto un certo tipo di strumento (ricordiamo che in questo periodo si fa riferimento esclusivamente al lavoro manuale in fabbrica).
Dal momento in cui la forza lavoro inizia ad acquisire maggiore potere, diventando sempre più preziosa e raggiungendo maggior tutela sul lavoro, l’ergonomia si propone di tentare di adattare la macchina all’uomo piuttosto che il contrario. Inizia a prendere piede l’idea che per progettare una macchina, bisogna partire dall’analisi delle caratteristiche del tipo di persona che deve utilizzarla.
Nella prima metà degli anni ’70, si compie un’altra svolta molto importante nel campo: l’ergonomia passa dallo studio delle prestazione di un singolo soggetto, all’occuparsi delle relazioni che intercorrono tra le persone e l’ambiente circostante. Per descrivere il rapporto tra uomo e macchina non si parla più di “adattamento del sistema” nei confronti dell’utente, ma di interazione.
Nella progettazione degli ambienti con cui una persona deve interagire, l’utente non è più il “fattore” debole da proteggere, ma il punto di forza e di partenza del progetto. Il compito dell’ergonomia è quello di comprendere l’interazione e di migliorarne la comunicazione (da questo principio ha origine il termine “ergonomia della comunicazione”). La sua area di studio è l’interfaccia tra l’Essere Umano e l’Evento Interagente ed è attualmente alla base delle metodologie di progettazione di ambienti “human centered” . Negli studi ergonomici tutto ruota attorno all’uomo, alle sue caratteristiche e capacità fisiche e psichiche, ai suoi limiti e alle sue necessità, in base al tipo di attività che deve compiere.
Francesco Marcolin (psicologo del lavoro ed ergonomo) spiega che tra i fattori che questa scienza considera, ci sono: la postura ed il movimento corporeo, i fattori ambientali (clima, rumori, illuminazione etc.), informazioni ed operazioni e l’organizzazione del lavoro (ad esempio che vengano assegnati al lavoratore compiti appropriati e non alienanti).
Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, l’ergonomia ha cominciato ad occuparsi anche delle interfacce dei computer, concentrandosi sulle caratteristiche fisiche dell’interazione: il modo in cui sono disegnati i comandi, le condizioni ambientali in cui l’interazione si svolge, il layout e le qualità fisiche dello schermo. In questo senso è molto importante capire come l’interfaccia valorizzi o diminuisca le prestazioni dell’utente.
Quindi, un prodotto per essere considerato ergonomico deve possedere una serie di requisiti: deve essere centrato sull’utente, user friendly , sicuro, facile e soddisfacente nell’utilizzo. Ma non è tutto, perché un oggetto possa essere considerato ergonomico deve possedere un elevato grado di usabilità , ovvero che possa essere utilizzato facilmente dall’utente.